Franco Basaglia by Pierangelo Di Vittorio & Mario Colucci

Franco Basaglia by Pierangelo Di Vittorio & Mario Colucci

autore:Pierangelo Di Vittorio & Mario Colucci [Vittorio, Pierangelo Di & Colucci, Mario]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2024-02-27T00:00:00+00:00


L’esperienza della follia

La seconda scoperta che ho fatto a Trieste è stata la follia. La metto al secondo posto solo per esigenze espositive, giacché, come dovrebbe essere chiaro, l’incontro con questa realtà è stato immediato e totale. Parlo di follia con il massimo rispetto, facendo mio l’atteggiamento di Basaglia il quale, da buon fenomenologo, la considerava una “condizione umana”4: un’esperienza da comprendere piuttosto che un fatto da spiegare. È interessante notare come Basaglia tendesse a raddoppiare “malattia mentale” con “follia”, usando spesso i due termini, nella stessa frase, uno accanto all’altro: attraverso questo slittamento del significante, si venivano a creare un intervallo e un margine di gioco nel significato di ciò che stava designando. Il discorso di Basaglia era attraversato da un taglio “differenziale”, e ciò rispondeva a una duplice esigenza: da un lato evitare che la follia come condizione umana fosse “razionalizzata”, completamente assorbita in un sapere che pretendeva di dire l’ultima parola su di essa; dall’altro riconoscere la realtà storica della malattia mentale, ossia tenere conto del processo che, attraverso la medicalizzazione della follia inaugurata dall’alienismo, ha fatto di tale condizione un oggetto della conoscenza, fino agli esiti riduzionistici della psichiatria positivista.5 Impedire che la malattia mentale “totalizzasse” l’esperienza della follia era anche la preoccupazione di Michel Foucault, il cui tentativo, per sua stessa dichiarazione, è consistito nel mostrare come le esperienze-limite di Georges Bataille – follia, crimine, erotismo, esperienza interiore – siano state trasformate, nella storia del sapere occidentale, in oggetti della conoscenza.6

Che l’esperienza della follia continui a interrogare l’umano, invece di essere ridotta a delle risposte scientifiche, tecniche e amministrative, dovrebbe essere anche la nostra preoccupazione. Pressato dai movimenti della cosiddetta “antipsichiatria”, a cominciare dalla seconda metà del secolo scorso, il positivismo ha compiuto il suo aggiornamento, con lo sviluppo della neurobiologia, della neurofarmacologia, delle neuroscienze e dei nuovi strumenti nosografici e diagnostici. Non si tratta di negare in modo generico la funzione del sapere, ma di evitare che le domande poste dalla follia o dalla sofferenza psichica siano silenziate, evacuate da una serie di risposte standardizzate: pensiamo al DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), impostosi come la “Bibbia della psichiatria”, e al binomio diagnosi-trattamento farmacologico, divenuto egemone nella salute mentale globale. Per scongiurare questo rischio, sarebbe invece fondamentale continuare ad “aprirsi” al sapere. Uno dei tratti peculiari dell’esperienza di Basaglia, sicuramente fra i più importanti da trasmettere, è stato il costante intreccio fra le pratiche di trasformazione e i saperi critici. Saperi che aiutavano a “mettere fra parentesi” il sistema scientifico e istituzionale che ingabbiava l’esperienza della follia, sgombrando il campo da una serie di presunte evidenze e permettendo così alle sue domande di risuonare nel cuore della società. L’attuale crisi della psichiatria e della salute mentale è anche il frutto della storica incapacità di ricompattare un fronte “critico-pratico” in grado di contrastare l’offensiva del nuovo positivismo. Quando si perde sarebbe sempre bene assumersi una parte di responsabilità.

Nella follia c’è qualcosa di “eccedente”, un resto che non possiamo padroneggiare e che perciò continua a interrogarci.



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